L’attività più importante che si svolgeva in età romana nel territorio centuriato era l’agricoltura. L’aratro era lo strumento utilizzato per lavorare la terra prima della semina.
Davanti a noi ne troviamo una ricostruzione.
Si tratta di una struttura in legno costituita da due aste che fungono da manubrio e che servivano per manovrare l’aratro; alla base, si trova il “vomere”, un elemento di ferro simile alla punta di una freccia che serviva per sollevare le zolle e preparare così il terreno per la semina. Dalla base si estende un bastone lungo e curvo al quale venivano agganciati i buoi. L’aratro veniva trainato di solito da una coppia di buoi, ma nel caso di terreni particolarmente pesanti potevano essere utilizzati fino a otto buoi, aggiogati a coppie. Nelle zone settentrionali dell’Impero Romano veniva utilizzato un aratro dotato di due ruote, che permetteva di arare meno faticosamente i terreni argillosi.
I rinvenimenti di numerose macine per cereali indicano che in questa zona, in età romana, era sicuramente praticata la coltivazione di frumento, farro, orzo e miglio. Si ipotizza inoltre che venissero coltivate le leguminose, come piselli, fagioli, ceci, lenticchie e fave, e forse anche la vite e il lino. L’aratura ottimale prevedeva che i solchi fossero molto ravvicinati l’uno all’altro e doveva essere effettuata almeno due volte nel corso dell’anno, in primavera e in estate.
Fu il poeta Virgilio a descrivere in modo preciso l’aratro che veniva utilizzato nella seconda metà del I secolo a.C., periodo in cui venne realizzata la centuriazione nel territorio in cui ci troviamo.